31 maggio 2009

Mi contatta un vecchio e caro amico su emmesseenne.
Ultimamente, forse dal post-Aquila, abbiamo diviso tanti Martini e Mojito, diverse vodke e birre.Tra una sigaretta e una chiacchiera.
Gli voglio bene.
Mi dice, a un certo punto:" Ma hai saputo?"
Io:"Cosa?"
Lui:"Eh...di G."
Io:"No, cosa?"
Lui:"Lunedì la mamma ha avuto un incidente in macchina."
Io:"Cavolo"
Lui:"E ora non c'è più."
Io:"...Merda."

E allora, ovvio che abbandono quelle stramaledettissime palline di pongo e lo snervante stop motion per sputare due parole.
Che non vorrei dirne nemmeno una.

Sì, perchè a me ste cose fanno rabbia.
A me fa rabbia se, sul colpo, da un momento all'altro, non rivedrò più qualcuno a cui voglio bene.
Perchè non è giusto.
Cioè, non dico che bisogna fare che, tipo, uno riceve una lettera dove c'è scritto "Ciao, sono Dio o uno che ne fa le veci. Senti, va bene se il giorno tot vieni via con me? facciamo alle ore tot? Tieniti pronto eh, non mi va che facciamo tardi" e, la lettera, arriva, chessò, un paio di settimane prima così uno ha tempo di fare tutto e salutare tutti. No. Però cavolo.
'Ste cose distruggono.
Muore un pò di te quando muore qualcuno a cui vuoi bene.
E...E boh.
Sono confusa.

Perchè si volerà pure in cielo, poi. Si diventerà pure angeli. Ci si reincarnerà pure. Qualunque cosa.
Ma, io da un momento all'altro non posso più abbracciare qualcuno. E allora sticazzi.
Allora se mi chiedo "Dove sei" io so solo rispondermi "Non più qui".
E... Fa male.

Proprio qualche notte fa ero lì a ripensare a chi ho voluto bene senza mai dirlo ai diretti interessati.
E proprio questa notte starò a vedere un'altra notte che scende. E a quanto la vita sia estremamente brava a strapparti via chi ami senza alcun preavviso.

E domani a Giovi dirò che sì, lei starà sempre con lui e lui la vedrà e sentirà ovunque ma...vaffanculo.
Vorrei dire qualcosa di utile e magari anche straziante ma...No, non mi viene niente.
Mi dispiace.

29 maggio 2009

Dove vanno le cose che perdi?

"Mi sembra che al mondo, esistano tante storie sospese...
E che si perdono per strada."
Italo Calvino
Per un attimo ho pensato che fossero lacrime quelle che cadevano dal cielo, stasera.
Poi ho ripensato a oggi e ho capito che era pioggia vera.
Perchè le lacrime sono già scese, tempo fa. E non si disperdono su un cuscino da veramente tanto tempo ormai. Quando ero troppo felice. Quando ero troppo triste. Lontana. Malinconica. Orgogliosa. Fiera. E ora no, non c'è motivo che scorrano. Nemmeno se fosse nuvoloso.
Mi sono svegliata relativamente presto. C'era il sole. C'era il vento. Come al solito il rimmel ha coperto una notte meno insonne del solito.
Sono arrivata a lezione tardi perchè non mi andava di correre. Non questa volta.
Il mio professore ha gli occhi chiari che col sole sembrano di vetro. Mi piace che abbia riso per la mia buffa e azzardata parodia su Shakespeare. Ha un bel modo di ridere. Le rughe che raccontano e testimoniano i suoi tanti anni, raddoppiano intorno gli occhi e arrossisce leggermente. La sua voce mi ricorda di viaggi invernali. Di quando le 17 era già quasi buio e usciva il fumo dalla bocca per il freddo. Mi ricorda di momenti lontani. Di notti antiche che forse non si ripeteranno più. Mi ricorda le meravigliosi notti trascorse su un soppalco. I pomeriggi bagnati su un divano. Rubrik e la sigaretta alla finestra. China Martini e 4 salti in padella. E la voglia di non staccarsi mai che ancora conservo gelosamente e che ancora possiedo.
Oggi ho deciso che mi laureo con lui, probabilmente.
Sono poi stata, praticamente tutto il giorno, con un'amica che parla come il Vernacoliere a volte, deh. Mi è simpatica da sempre anche se non ricordo come l'ho conosciuta. Ha una casa da sogno. E due tette enormi che invidio. Mi piace perchè mi racconta di tutto. Mi racconta il suo passato. Come se mi conoscesse da sempre ma non ci fossimo viste per anni. Come se avessi perso le puntate della sua giovinezza.
Abbiamo fatto merenda e s'è aggiunto anche il padre. E pensavo al mio. Al mio che non c'è. Che quando faccio qualcosa penso "Ora glielo mando via mail" quando vorrei che fosse nella stanza accanto, a volte.
L'indipendenza allontana a volte. E i sogni rendono soli, spesso.
Da domani iniziano giorni intensi. Ho deciso così.
Ho voglia di correre. No, non per scappare, non stavolta. Solo correre.
E vorrei andare. Andare e rubare pezzi di anime. Rubare sguardi e sorrisi. Rubare la leggerezza e l'incoscenza. Rubare quella spensieratezza che sto perdendo. Rubare la voglia di andare ad una festa nonostante devo studiare giorno e notte, che non ho. Rubare ciò che potrei perdere, che ho perso, che sto perdendo. Rubare i miei passati 19 anni, che ora già mi ritrovo a dire:"Io alla tua età..". Rubare ancora una volta quelle parole arrivate troppo tardi. Rubare quell'ultimo saluto che era un lamento, su un letto straziante. Rubare quello stupido:"Ciao" detto per strada prima che morisse e che ora è una delle cose più importante che ricordi. Rubare ancora la sua maglia "Mi piace-La vuoi?-Maddai mi andrà grande-Te la porto domani lavata-Vabè mica puzzi-Eh saprà di erba e sigarette-Allora me la porti domani-E' tua"e ritrovarla, perchè ce l'ho ancora da qualche parte ma ho rimosso dove l'abbia messa. Stupidamente. Come se ci fosse bisogno di una maglia, poi, per ricordarsi qualcuno che è andato via per sempre. Rubare la follia di cambiare da un momento all'altro; cambiare capelli e città, così, nel giro di 4 ore.
Vorrei rubare ciò che non ho.
No.
Non posso comprarla.
Ciò che vorrei veramente, un prezzo, davvero non ce l'ha. E se ce l'avesse, sarebbe troppo costoso, anche per Bill Gates.

7 maggio 2009

Tristezza di un Clown


Tristezza di una maschera.

Lo lessi tempo fa quel libro. Mi ricordo che era mi era piaciuto. E che subito dopo lessi Chiedi alla Polvere che mi piacque mille volte di più.


Il giovedì è un giorno che qui a Firenze mi piace tanto.

Perchè la settimana non è appena iniziata e non è ancora finita. Perchè mi piace la lezione di Storia dell'Arte. Perchè mi piace passare sotto i portici di P.zza della Repubblica e vedere il mercatino dei fiori. Tanti fiori e piante. Tra colori e boccioli. Perchè sono tanti giovedì che ormai c'è un caldo sole anche alle 9 del mattino.


Ma.

C'era un mimo che si truccava.Lento.Un fiore ai suoi piedi.Tanta di quella cipria che poteva incolpare quella polvere per gli occhi lucidi. Quella polvere da geisha senza kimono.

Occhi lontani. Più lontani del pavimento su cui si posavano.E con un rossetto, rosso, rosso come la rabbia, rosso come Venere, rosso come Otello, rosso come il sole al tramonto,rosso come il sangue, rosso come la passione, rosso come la carne.Un rosso così. E si disegnava un sorriso.

E mi sembrava una lama sottile quel pennello con cui, con una maestria e precisione impressionante, avrebbe recitato la sua parte, anche oggi.Una lama che tagliava un pò il cuore e non si sarebbe capito dove iniziava un rosso e finiva l'altro.


Poi m'ha guardato.

Uno sguardo di chi è stato scoperto.Di chi ti chiede di non dirlo a nessuno.Di chi vorrebbe dirti di andartene via.Di chi avrebbe avuto scie nere sulle gote da un momento all'altro.



Per me, non c'è cosa più struggente di un mimo triste.


Domani vorrei vedere come sta.

Anche se so che non lo troverò.

Aveva lo sguardo deciso, insicuro e malinconico di una partenza senza ritorno.
Il disegno è mio, ma non l'ho inventato. Ma la foto originale era veramente somigliante a lui. L'ho disegnato perchè stasera volevo ricordarmi di quanto un sorriso disegnato non significhi esser felici.
E lui non lo sa, ma io gli ho visto scendere quella lacrima prima che nascesse.