24 luglio 2009

Avevo sonno, giuro che erano le 00.00 e già mi stavo addormentando.
Però la natura ha fatto di tutto per farmi alzare. Anzi, in realtà ha fatto ben poco. Ha solo alzato la sua temperatura e fatto entrare una simpatica zanzara iperattiva. E un gatto in giardino che non la smette di far innervosire il bassotto del piano di sotto.
Non credo sia destino dormire la notte, ahimè.

Oggi sono stata negativamente colpita dal falso perbenismo della gente. Una foto o una storia può davvero far sgranare gli occhi? Tutti pronti ad alzare l'indice con il sopracciglio che corona uno sguardo di disappunto. E poi loro sono i primi ad avere determinate nomee non molto positive o i primi a regalare giochi da psicopatici, rinchiudendo ragazzini in una camera fatta di mostri e finti eroi, dove il più bravo è quello che riesce a uccidere più persone. Però, minchia, la parolaccia non si scrive, no. Non si dice al ragazzino che già a 14 anni si ubriaca vomitando l'anima e quant'altro. Però uno scatto non si pubblica su Fb.
In una società dove anche sulla descrizione di un deodorante ci sono evidenti richiami sessuali (e non sono proibiti ai minori di 16 anni), in una società in cui un programma in prima serata e che sia comico si sente almeno una parolaccia (e a quell'ora i ragazzini sono ancora svegli), in una società dove le cose oscene ne sono tante, comprese abitudini, usi e soprattutto costumi, si può mai avere il coraggio di dire "Non si fa"? Non è incoerente? Non è forse anche bigotto? Come chi dice che "Eh, ma io certe cose non le faccio. Sai sono della vecchia scuola. In più cattolico." Mi chiedo sempre se scopano solo per procreare e solo dopo il matrimonio.
Quante immagini contorte vediamo? Quanti messaggi subliminali facciamo passare a tutte le ore? E quante volte facciamo finta di niente, come fossero mendicanti vicino la Coop?
Io trovo tutto ciò ipocrita. Altamente ipocrita. E quasi sorrido. Perchè nessuno sa di chi è la colpa, nessuno se la vuole assumere. Perchè l'evoluzione, così come il regresso, siamo noi a provocarlo, noi tutti in un modo o nell'altro senza santi nè dei, ma abbiamo paura quando qualcuno ritrae uno spicchio di una realtà più forte, magari più duro, ma anche più vero. E mi sembra come il bambino che dice "Non sono stato io" nonostante abbia le mani piene di marmellata. Ad un bambino lo perdono. Ma agli uomini e alle giovani donne che credono che togliendo piccole cose (che gravi neanche sono) si sentono meglio, apposto con la propria coscienza provata e illusa, no, non comprendo. Rispetto totalmente ma non capisco.
Ci troviamo in un momento in cui chiudendo i locali alle 2non è detto che i giovani smettono di bere. Scrivendo "Il fumo uccide" non mi sembra che la gente abbia smesso di fumare. La cosa assurda è che prima compriamo il bicchiere colmandolo di latte, esagerando, facendolo sdrabordare, poi lo rovesciamo, gurdiamo come si rompe, inerti, e solo quando il latte inizia a macchiare il tappeto puliamo. Un tappeto che abbiamo cucito noi. Un finto persiano. Cosa voglio dire? Che siamo stati bravi tutti a crogiolarci in qualcosa che era nuovo, poi la cosa degenera, ci tocca un pò più da vicino e abbiamo paura di dire a noi stessi che abbiamo sbagliato. E chiudiamo gli occhi. Perchè una foto magari ritrae una parte di te che sai che c'è, te lo dicono e non ascolti, ma quando sei tu la prima a vedertici allora ti spaventi.

'gnamooo!

Oh, oggi sono nervosa perchè è il 25 del mese e perchè avevo sonno e le condizioni climatiche e la fauna della camera nonchè della casa non mi hanno permesso di dormire -e la cosa mi rattrista perchè sarebbe stato un grande passo per me, dormire e regolarizzarmi- .Ho ucciso la zanzara.
Ma ho anche mangiato il gelato quindi sono dolce, adesso.

"...Sembra a volte che noi invecchiam subito..

Ma non è così.

Il tempo cammina piano nella nostra vita,

ma siamo noi che lo facciam passare

senza usarlo."

(Michele P. in un sms)

10 luglio 2009

voglio il dono dell'ubiquità.

Mi piacciono i temporali notturni.
Mi piace che è notte e ci sono i fulmini che dividono il cielo in tonalità di viola, un viola strano.

La temperatura si è abbassata e i tuoni si fanno sempre più vicini. Sembrano grida.
Il vento si alza e gli alberi si muovono in una sensuale danza spaventosa e dinamica. Una coreografia di fruscii e gocce grandi come noci.

Non voglio essere una sorta di bollettino metereologico, stanotte.
Ma questo tempo mi sa di Settembre, di Ottobre.

Mi sembra che devo rifare la mia valigia -che ormai non riesco mai a disfarla, neanche ora che so che ritorno tra almeno un mese.ho tolto qualche maglia, un paio di camicie, ma il resto è ancora tutto lì. credo voglia dire qualcosa, credo significhi molte cose- che magari questa è l'ultima settimana e mi devo ricordare di salutare i vecchi amici.
Mi sembra che devo fare l'ennesimo biglietto e guardare dal finestrino mio padre che aspetta il treno che parte.
Mi sembra che sono pronta per ritornare a, buffo dirlo, casa.
So che è questa la mia vera casa, so che qui sto bene, so che ogni volta sembra di intrufolarmi in un cassetto della memoria, tra ricordi e vecchi amici che continuano a cambiare come te e con te, anche se a km di distanza. So che qui avrò sempre un sorriso in più, la Coca Cola che mia madre non mi fa mancare mai, anche -e soprattutto- rimproveri. So che qui io sto bene e tutto sommato sono felice.
Ma so anche che mi manca molto della mia vita in una città fatta di piazze e accademia. E non solo per i miei ritmi che a Firenze sono del tutto sfalsati, compresa la mia dieta che si traduce in caffè, pranzo delle 17 e cena alle 23 e una buona notte quando fuori è già giorno. Ma per il resto.
Per la spesa che sennò chiude. Per le mie amiche che "andiamo a prendere qualcosa da bere". Per i Borgiamici e Kung Fu Gigio Tontolo che parla sempre. Per i pranzi aglio olio e peperoncino che mi scoccia uscire. Per una sigaretta quando avevi deciso di smettere di fumare. Per la malinconia, anche. Per la nostalgia che mi viene guardando i miei su skype. Per il dispiacere di quando mi sento dire da Desy o da mia madre o da mio padre "mi manchi" "speriamo di vederti presto" "ti voglio bene".

E ora piove. Tanto. Un cielo di Niagara.


E ora non vorrei essere qui.








Voglio il dono dell'ubiquità. Anche perchè così, nel 2012, una metà di me sarà qui, l'altra a Firenze.

5 luglio 2009

E' che quando si ritorna anche in quella che è casa tua, c'è sempre un pò di tristezza.
Perchè è ogni volta un pò come essere ospiti. Essere ospiti in casa propria è una situazione paradossale.
E' un ritorno in un mondo che senti sempre più lontano. Un mondo che sa sempre meno di te. Un mondo da cui hai scelto di scendere. Un mondo che non è tuo, non del tutto.
E' un mondo che hai già trovato pronto e dopo che ne hai costruito uno tuo, altrove, a tuo piacimento e più adatto al tuo ego che a volte cresce, altre volte scompare, avverti mille differenze. Differenze che sembreranno invalicabili. O magari no. Ma saranno comunque differenze.
Per questo non sai come andrà.
Non sai mai come troverai ciò che hai lasciato. Poi magari ti accorgi che non hai lasciato proprio niente e trovi il vuoto. O ti rendi conto di aver lasciato tutto e ti chiedi come ne hai fatto a meno e perchè stavi bene ugualmente.
Trovi un posto che non riconosci. Un posto che non è tuo, non più. Un posto dove manca ciò che in un modo o nell'altro hai, tra una lacrima e un sorriso, più o meno bene, più o meno fragilmente, messo su. Mattoncino dopo mattoncino.
Un posto in cui a volte vuoi tornare ma da cui spesso scappi.
Un mese, forse due, non sono tanti. Ma saranno lunghi. Per me, che lascio sempre brandelli ovunque. Che lascio o troppo o troppo poco. Io. Io che odio anche solo la parola lasciare, separare, perdere.
Ecco.
Io detesto tutto ciò.


Ho una strana sensazione addosso, che non mi piace.