27 novembre 2009

In una buonanotte di pioggia a Firenze

Firenze che piange. Le lacrime che scivolano sui vetri della mia finestra, dai vetri sporchi, che hanno visto tante piogge e tanti messaggini scritti con le dita, quel giorno che dentro era caldo e che fuori c'era la nebbia.

Oggi non ho fatto altro che guardare Firenze, camminando tra corsi e Rigacci.
A volte mi dimentico di quanto sia bella. Del motivo per il quale mi trovo a vivere questa città. Mi stavo dimenticando anche di quanto fosse bella la mia Accademia. E di quanto interessante sia, malgrado tutto.

Ce l'avevo lì, davanti i miei occhi. Il Battistero, il Duomo. Scorci che sembravano disegnati da chi ha la magia tra le mani, e non una matita.

Poi.
Poi è bella perchè cambia di strada in strada. Sembra a volte di stare a Londra, altre volte nei ghetti del Bronx, altre ancora nel sud del mondo, addirittura, anche in India. C'era un uomo, oggi pomeriggio, con una sorta di grammofono, fonografo, non so cosa fosse in realtà, è da disegnare, lui era da fotografare, questo grammofono, che grammofono vero e proprio non era, che suonava e che lui si portava dietro trainandolo su un carrettino. Suono dolce e distorto. Fastidioso e stupendo. E lui consumato da troppo alcool, perchè la faccia era quella lì, quella di chi vuole dimenticare presto e si trova a veder doppio tutto, anche quella donna che è andata via senza spiegazione, anche quel lavoro lasciato per un brivido che è terminato in un istante, con una sigaretta in bocca, che io non ho mai visto tanto fumo intorno una persona, non ho visto mai una nuvola intorno qualcuno come se lo stesse abbracciando, un abbraccio triste, tra i più tristi.
In quel momento sembrava di essere in Francia, una Parigi degli anni '20, ma anche prima, che mi mancava il basco, perchè la baguette ce l'avevo, e mi veniva da ridere, perchè a me queste cose fanno sempre sorridere perchè sembra che stai vivendo in un'altra vita, in altri tempi, e ti accorgi di quanto sia vero che una vita non basta e ce ne vogliono almeno 10.
Era decisamente Parigi quel momento. Poi i francesi secondo me fumano tantissimo. Mi sarei trovata bene, tra nero e sigarette, ma oramai non fumo più e il nero è solo quello di un carboncino che butto via perchè caduto nel caffè.

Poi ancora, pensavo che sto trovando le cose da fare, che so cosa voglio fare, anche se sono abbastanza, però sarebbero cose fighissime. E la voglia di laurearmi aumenta vorticosamente, secondo me anche perchè ho questa maledetta voglia della reflex che sarà il regalo dei miei parenti, perchè non mi interessano gioielli che tradizionalmente regalano, tanto le mie perle sono indiane e di fiume, e mi piacciono ugualmente moltissimo.
Mi sembra un'ottima spinta.

Poi ancora e ancora, oggi è stata una giornata positiva, e lo sarebbe stato comunque perchè esser a Parigi in un secondo non è cosa da poco. A parte qualche dissapore con qualcuno che non capisco mai perchè ha il bisogno di allontanarsi, ha il bisogno di farmi sentire in colpa. Tipiche persone che ti allontanano, tu ti allontani e poi ti dicono che ti sei allontanato. Ma a me fa sorridere anche questo. Tutto sommato aveva ragione Eraclito, secondo me.
Tutto scorre.

24 novembre 2009

Ultimamente mi rendo conto di scrivere o leggere spesso di sogni. Basta una frase, una citazione di un film, una lezione di Estetica e... non mi trovo a sognare, ma a pensare di sognare.

Perchè io, quando guardo fuori e vedo la notte, che poi notte ancora non è, quando vedo qualcosa che avrei voluto fare io, che poi non ho mai fatto, quando bevo il caffè e non mi piace com'è venuto ma faccio finta che sia il migliore mai assaggiato, quando mi sveglio e ho una canzone di merda in testa e me la porto dietro per tutta la giornata, quando cade una foto e tu nemmeno ti accorgi che l'avevi appesa e che però poi non ti manca- perchè è vero che delle volte le cose che ti mancano sono quelle che non hai mai avuto o vissuto, non quelle che hai avuto anche solo per un po', perchè è una cosa strana, è uno strano desiderio, una strana nostalgia, una strana sensazione- perchè quando riesci a non pensare, a stare zitto, a non sentire quella vocina nel cervello che serve giusto per farci compagnia, per far finta di parlare con qualcuno quando siamo soli in un letto, quando non dormi e non vuoi alzarti perchè niente diventa importante, offendendo la vita, offendendo un dono -perchè è proprio per questo che l'oggi, l'adesso, è un dono. non si chiamerebbe presente, altrimenti- offendendo il sole, offendendo il tempo e il mondo che non restano pazienti ad aspettare te, perchè non sei nessuno, perchè è più facile essere nessuno che non esser qualcuno, è più facile sentirsi morire dentro che non vivere, è più facile piangere che non ridere quando piove e c'è il sole, è più facile restare a letto che non alzarsi e guardarsi allo specchio. Perchè quando guardi fuori e non sai se resterai in questa città. Quando trovi un posto, che diventa il tuo di posto e non vuoi andare via, e già pensi a come e quando arredare una casa tua, che puoi dire che è tua veramente -perchè quanto sarà bello poter dire "è mia". è mia questa casa, è mio questo amore, è mio questo affetto, è mia questa creazione, è mia questa idea-quando ti guardi intorno e ti dici che è questo quello che vuoi fare. Che sai chi vuoi diventare.
Io è in quei momenti lì che sogno, che sono, che vivo.

13 novembre 2009

Pomeriggio di nebbia

Come quando disegni qualcosa, uno scarabocchio, un segno di grafite su un foglio, su un tavolo, su una qualunque superficie e non sai perchè, non sai cosa voleva essere.
Come quando apri una busta di patatine o cioccolatini, che non sai perchè stai mangiando ma hai forse fame, forse noia, forse compagnia.
Come quando fumi e hai appena spento l'ultima sigaretta. Forse per avere le mani impegnati, forse per fingere che la pausa duri di più.
Come quando piove e c'è il sole.
Ci sono alcune cose che non sai come mai le fai. Ma, ed è assurdamente bello, le fai. Non trovi il senso in tante cose. Ma forse, se le fai, in quel momento un motivo ce l'hanno, seppur tutto loro.

Ho sfogliato di nuovo un libro che mi piace, di Baricco.
Lui sì, che ha un senso. Lui sì che DEVE stare sulla mia scrivania. Mi ero dimenticata di quanto mi avesse fatto sorridere questo pezzo. E anche riflettere.

"Quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, dico tutti, alla fine navigano una strada tre volte più lunga del necessario, anzi, per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perchè, ho pensato, c'è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire il meno che ti puoi aspettare, è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall'altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare dritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benchè indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza, perchè in realtà è solo semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi sì, è una storia che se ci pensi è rassicurante, io la trovo molto rassicurante, che ci sia una regola oggettiva dietro a tutte lenostre stupidate, è una cosa rassicurante, tanto che o deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo,mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, e sono felice che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai."

7 novembre 2009

E sorridere.

Notwist- Consequence
Pioggia.
Sigaretta.
Fame.
Stomaco chiuso.
Inverno.
Ricordi.
Cellulare spento...

2 novembre 2009

In un giorno di pioggia.

"..E un bicchiere elevato al cielo d'Irlanda e alle nuvole gonfie.
Un brindisi anche agli gnomi e alle fate."

In alto i bicchieri e in basso i pensieri.
Prosit.
Alle giornate di pioggia che bagnano la nostalgia per qualcosa che c'è stato e per quella nostalgia strana e buffa per qualcosa che ancora deve esserci.
Alle giornate in cui sembra tutto difficile da raggiungere.
Alle amicizie che pensavi fossero più di qualche pranzo e un regalo di Natale e invece, sono state come un antipasto fugace che mangi affamato prima di cena: indispensabili al momento ma poi tristemente miseri.
Alle amicizie, di quelle che se ti serve una mano sono già sotto il tuo portone. Di quelle che sono poche, poche come le sigarette alla fine di una giornata nervosa. Ma che fumi fino all'ultima con gusto.
Ai viaggi senza biglietto, a quelli senza bussola, a quelli senza speranza, a quelli senza meta.
Alle lacrime, di quelle che scivolano via e ti batte più forte il cuore, di quelle che bagnano il cuscino, di quelle che vorresti uscire per confonderle con la pioggia. Quelle di gioia, quelle di tristezza. Quelle senza motivo, come un bicchiere colmo d'acqua.
Ai libri, che quelli più belli li hai letti in un giorno in cui non sapevi che fare, magari in una libreria antica con vecchi manoscritti che costavano 200Lire. Ai libri, che i più belli li hai letti al posto del libro di Fisica o quella notte che ti sentivi solo. Ai libri che ti hanno lasciato dentro una frase, o un pensiero che hai condiviso e che magari è anche diventato il mantra della tua semplice esistenza.
Alla luna, come non brindare a lei, che è sempre pronta a riflettersi negli occhi malinconici di un'insonne che non ha voglia di pensare, almeno una volta.
Alle notti, che tutto è più tuo, che tutto urla in un assordante silenzio, che giochi a nascondino con Morfeo e ti diverte nasconderti in quel mantello oscuro dei tuoi mali, delle tue disperazioni, delle tue felicità, dei tuoi sorrisi.
All'amore, di quello che fa male, di quello che ti riempie, che ti scioglie, che ti allontana, che ti unisce, che racconti, che inizia, che resta immobile, che cambia, che ti fa sorridere, che ti devasta, che ti fa impazzire, che aspetti, che superi, che fuggi. Quegli amori lì, magari sbagliati, magari giusti, quelli in cui credi e quelli a cui non fai più caso.
Alla persona a cui vuoi bene, perchè si sa, ognuno ne ha una a cui ne vuole tanto. Una che, non sai perchè, ma sai che è dentro di te. Una sorta di tatuaggio indelebile sulla superficie dell'anima.
Ai momenti in cui oltre un bicchiere di vino rosso e una sigaretta, cercando le stelle nascoste dalle nuvole, forse non vuoi null'altro.
Alla pioggia, e all'inevitabile velo di tristezza che porta un po' con sè.