9 novembre 2010

Mi trovate anche qui:
http://gliattimidimarisa.blogspot.com/

7 novembre 2010

Mercurio

Ho sempre ascoltato mia madre quando mi raccomandava in tono minaccioso e spaventoso di non appoggiare mai le mie grosse natiche su water altrui, quelli degli autogrill in primis. Un problemone per me, infatti ho sempre preferito aspettare di tornare a casa per fare la "plinplin" dell'acqua Rocchetta (chepppoi sono assolutamente e fermamente convinta che la cacca fatta in casa propria è sempre la più soddisfacente), perchè stare in equilibrio senza appoggiarsi, coi miei muscoli che accusano il non aver mai fatto sport che cominciano a tremare, avere in testa la faccia di mamma col dito indice alzato annesso e l'occhio a metà tra lo spaventato e l'arrabbiato, non poggiare la borsa a terra perchè la mamma diceva anche di non appoggiare cose a terra che la mia è pesantissima e se la tengo con una mano sola mi sbilancia, e poi la carta igienica che magari non c'è e poi devi prendere i fazzoletti che però non hai, o meglio, che non trovi perchè come detto, la borsa è grande e troverai solo scontrini (che leggerai comunque anche se il momento è delicato e instabile), astucci porta assorbenti anche se non hai le mestruazioni, bottigliette d'acqua, macchina fotografica, penne, matite abilmente fottute all'Ikea, agenda, portafoglio etc. In tutto ciò devi star attenta anche a non far cadere nulla, e nemmeno abbassare troppo i pantaloni perché mai e poi mai la tua cintura deve toccare a terra, e anche se hai il tacco 12 devi comunque far leva su cosce tremanti e ansie che esplodono nella tua testa:"Oddio ora prenderò quel batterio che non si cura mai più e morirò presto affetta da pustole orrende, enormi, giganti e gialle e anche che puzzano e non potrò più fare la pipì, l'amore o figli". E poi i maschi si chiedono perché le donne vanno sempre in bagno in due.
Ma comunque, non volevo dilungarmi su questo.
Volevo appunto dire che io l'ascolto mia madre, anche se non sembra, anche se lei non crede che io dia ascolto a lei e a mio padre. E l'ascoltavo anche quando lei si raccomandava di non far cadere a terra il termometro. Pensavo da piccola che sprigionasse onde malefiche e mortali se si fosse rotto, e da sempre l'ho maneggiato con cura, come le bottiglie di vetro con le barche dentro, anche se ero convinta che se si fossero rotte, le barche potevi poi gettarle in mare e navigavano davvero e forse era questa la vita giusta per loro, come uccelli in gabbia che vivono guardando il cielo e pensando che il loro vero posto è quello.
Ora ho il raffreddore, perché col cazzo che non esistono più le mezze stagioni, ci sono e arrivano in ritardo, perché siamo a Novembre e qui fa caldo per esser Novembre e io invece mi vestivo come se fosse già pieno inverno. Il mio fidanzatino mi ha portato il termometro e ho pensato che ora li fanno solo digitali. E quindi, a me dispiace un sacco davvero adesso non aver mai rotto un termometro. Essermi persa una danza folle e ordinata di palline di mercurio che si spargono sul pavimento. E magari in quel momento erano davvero libere e felici, o magari il contrario, far cadere il termometro significava un po' fare un eccidio di massa. La morte delle palline di mercurio o la loro rinascita? Non so, ma io vorrei, avrei davvero voluto vedere queste palline rotolare. E mi sarebbe piaciuto anche se fossi stata una bambina, perché anche se avessi avuto la febbre alta che il giorno dopo non vai a scuola e la tua amichetta del cuore ti avrebbe chiamata nel pomeriggio o l'avresti chiamata tu per sapere i compiti, mi avrebbe fatto sorridere felice vedere quella piccola e dolce e magari lenta disfatta.

21 ottobre 2010

Domande e risposte


Mi hanno chiesto:"Com'è nata la tua passione per la fotografia, perché? Cos'è per te?"
Secondo me la fotografia rende vivi. Ma nel senso che una persona, in una foto, anche tra 100 anni sarà sempre viva. All'uomo viene facile uccidere, morire e far morire. Ma non è forte quanto una foto, perché non è eterno come un'immagine. Mi piace perché mi piace il mondo, e il mondo è pieno di cose stupende. Mi piace sforzarmi di vedere quel dettaglio che sembrerà poi bello o astratto o diverso, semplicemente. Ci sono giorni che non riesco a stupirmi, che mi sembra tutto maledettamente grigio e spento ma mi impegno che ci sia spazio per uno scatto. Mi piace perché a me l'arte figurativa piace tutta, perché io faccio tutto con gli occhi e con la testa, più che con le mani. Mi piace perché il click di una macchina fotografica è bello quanto il rumore del caffè che esce dalla moka. Mi piace perché in realtà io non vorrei mai perdermi nulla e se fossi una super-eroina sceglierei probabilmente il dono dell'ubiquità. Mi piace perché quando mi sveglio e vedo la luce che passa attraverso la persiana penso:"Sai che belle foto verrebbero con questa luce" prima ancora di pensare al caffellatte. Mi piace perché in realtà ho il terrore dei cambiamenti anche se un bocciolo che diventa rosa è un cambiamento bellissimo e con una fotografia so che quella cosa che ho fotografato è e sarà per sempre mia. E ho gocce di Martini avanzati, ho la pioggia sui vetri, ho le nuvole, ho polvere di caffè su una tazza rossa a pois bianchi, ho fili di telefono attorcigliato, ho fondi di bottiglie, ho bollicine di Coca Cola, ho la carta di un cioccolatino mangiato di notte, ho il riflesso del sole su una coperta, ho il mare, ho giochi di luce. E queste piccole, piccole cose le avrò sempre.
E non sono brava. Non sono brava in tante cose. Però ammetto che a volte le mie foto mi piacciono parecchio. Non tutte, ovvio. Ma alcune sì, alcune sono belle.
Ho iniziato a fotografare 4 anni fa, per un esame di Fotografia. Poi la cosa ha preso la mano, poi il cuore, poi gli occhi, poi la testa. Mi ha presa tutta. E' quindi una passione recente, recentissima. Ma viscerale.
E poi è divertente, ma meno per i tuoi amici che per fotografare la buccia d'arancia dentro un bicchiere fai sciogliere il ghiaccio dentro il loro Campari, per fotografare una colazione fai freddare il caffè. Però poi mi dicono che le foto piacciono e allora per me quello è già esser stata perdonata.

Ecco, è per questo che a me piace la fotografia. Per quello che mi dà, ogni giorno. Per quello che non mi dà quando escono foto che non mi vengono come avrei voluto. Perchè attraverso quell'obiettivo tutto il mondo sembra un'opera meravigliosa e perfetta, anche se poi non lo è. E te lo fa amare un po' di più, anche se a volte non se lo merita.
Per quello che dà agli altri che le vedono e per quello che non dà a chi le vede.
Sì, a me piace la fotografia e le voglio bene. Proprio tanto.


18 ottobre 2010

Ikeazzate.

Giornata lunga, lunghissima. E se ne prospettano altre.

4 ore all'Ikea, quando vai a cercare i prodotti del catalogo, quando tu, povera piccola e nera fanciulla devi mettere le ante del tuo armadio su quel carrello che corre, cazzo scivola benissimo su quel pavimento polveroso, scivola che sembra ghiaccio nonostante abbiano un peso di almeno 70 kg (però abusi del tuo essere piccola, nera e del fatto che hai degli occhi disperati facendo fare tutto a un forzuto e cattivissimo Omino Ikea), quando non riesci a vedere nemmeno una cazzata, di quelle cose inutili e che si romperanno nel giro di un mese, di quelle scatole che non userai, di quelle lampade che non servono, quando non mangi nemmeno una piadina spinaci e mozzarella (fatta con i trucioli probabilmente perchè la consistenza è quella) nè prendi un caffè sedendoti e guardando il parcheggio e gli aerei che partono da Peretola, quando non puoi far accoppiare i peluche orrendi che sono in quelle ceste enormi nè puoi giocare con le marionette, quando non puoi provare una poltrona o un materasso, quano non puoi guardare una stanza e dire "Io casa mia la voglio così", è stressante. E' stressante perché devi girare ovunque per fare solo le cose fondamentali. "Meglio questo, no non entra, il montaggio perché io un armadio non me lo monto, meglio quello, no quello non c'è più, ah dimenticavo una luce, carino questo ma non serve, costa tanto, magari andiamo a prendere quell'altro." Uff.
La proprietaria era troppo incinta, e mi dispiaceva che girasse con noi (dalle 11 alle 15.30) ma alla fine lei pagava e 900 euro noi non ce li avevamo. Lei è dolcissima, poi avrà un istinto materno moltiplicato all'ennesima potenza (si può moltiplicare all'ennesima potenza? Non lo so, non sono mai stata brava in matematica) che si è fermata giusto due minuti per vedere una copertina da mettere alla bambina quando farà freddo, con gli occhi che le brillavano. E come lei, tante altre. (Ma quante donne in attesa ci sono all'Ikea?!)
Comunque, anche se mi manca ancora uno scaffale, che era finito, la mia camera sarà carinissima. E' su due piani e su ci sarà un salottino compreso di divano, tv, plaid, tappeto, lampada da terra, porta dvd, tavolino, e foto, tantissime foto e disegni, tappezzati ovunque. Giù invece ci sarà il lettino, l'armadio, il comodino, scrivania, libreria, uno scendiletto. E, ovviamente, foto, tantissime foto.

Poi, domani dovrebbe esserci anche il prof col quale dovrei/vorrei dare la tesi.
Mi dovrò alzare prestissimo e l'unica cosa che mi spinge a essere fuori già alle 7 è che magari c'è una luce così bella che Firenze sarà ancora più bella e il mio obiettivo ancora più contento.
Concludo questo post inutile che sa di pagina di diario Smemoranda, mi sa che è meglio.
E poi è tardissimo e corro a nanna.

5 ottobre 2010

L'iniziare un post quando sono ispirata a metà per me è sempre difficilissimo. Tipo ora, cancellerò mille volte queste prime righe, perché non mi soddisferanno, perché non mi piaceranno, perché mi sembreranno orrende.
Comunque.
Prossima settimana trasloco, nolente, molto nolente. Questa casa era in un punto di Firenze che amavo terribilmente. E questa camera, anche se spartana e fatta male la sentivo proprio mia.
Ora sarò più vicina all'Università e, a dirla tutta, la camera nuova è veramente adorabile. E' su due piani e anche se sono pigra, una rampa di scala la faccio volentieri. Però io mi sa che i distacchi li patisco molto. E quindi mi guardo intorno e oltre il trovare la voglia che non c'è di fare mille pacchi e organizzare il tutto, penso a tutte le cose che ho vissuto qui. Penso alle notti infinite trascorse seduti sul letto e in cucina, le lacrime versate e asciugate, i giorni di studio e quelli di cazzeggio, rivedo Elisa che ora è in Cina e che era qui, a mettersi sciarpe e guanti e cappelli e casco perchè era sullo scooter e faceva freddo. Rivedo noi che mangiamo biscotti e fumiamo sigarette guardando YouTube e confidandoci. Rivedo Fatima, che pioveva a dirotto e non avevamo voglia di dormire lontane e resta da me. Rivedo la piadina delle 5 con rucola e prosciutto crudo. Rivedo Emma e la danza western. Risento le urla della mia coinquilina, che litiga con il suo fidanzato, i suoi genitori, suo fratello. Rivedo me, che sono triste e con Manuela che viene immediatamente da me. Rivedo le cene, quella del mio compleanno per esempio. Rivedo tutti i momenti che hanno segnato due anni pieni, due anni in cui ho pianto, ho riso tantissimo, ho conosciuto gente, ho imparato a fare la lavatrice, ho iniziato a scrivere frasi che diventavano post-it sulla parete e a fotografare. Le volte in cui si cenava con il cibo cinese e quelle in cui mangiavamo patatine, quelle in cui mangiavamo frutta a merenda e insalata a cena, le volte in cui un caffè non bastava mai ed era lunghissimo, intervallato da mille sigarette. Ho anche smesso di fumare, in questa casa. E ho guardato mille volte la pioggia da questa finestra e anche la neve.
E ciao ciao, casa Borgia. La mia prima casa. E' qui che ho imparato a cucinare. Qui che ho smesso di fumare. Qui che ho attaccato le tue prime foto.
Le cose cambiano, come ingranaggi di un orologio che devono accordarsi, e non è detto che sia ingiusto. Guardo avanti, adesso. Di tanto in tanto non fa male farlo.
E finisco l'Università quest'anno e poi la specialistica e poi chissà, magari un sogno che si avvera.

Intanto, so come arredare la mia nuova stanzetta.

21 settembre 2010


"La Toscana ha generato molti misteri inquietanti. La Toscana e Firenze in particolare è schiava di un'immagine costruita sopra nell'800,
credo dagli inglesi, come una città solare, una città armoniosa, la città del Rinascimento.
E' vero che è la città del Rinascimento, ma non è una città rinascimentale.
E' una città medievale, è una città di pietra e di pietra fatta di spigoli.
Non c'è spazio per il verde oppure se c'è verde è nascosto.
E' una città cattiva, è sempre stata una città cattiva.
Sono stati commessi qui dei delitti atroci, basta andare in P.zza Signoria e guardare sotto la Loggia dei Lanzi;
son cose sublimi ma è come se ci fosse a Firenze una vena di sadismo e di violenza.
E scorre sotterranea.
E poi quando emerge prende delle forme sublimi, questa lava si solidifica nel Perseo che mostra la testa,
stupri terribili, magnifici del Gianbologna.
Però è una città che se tu la vedi d'inverno è una città grigia, è una città in cui
l'Arno giallo porta giù di tutto, alberi, carogne di animali.
E' una città fatta di strade buie, strette, piccole.
E' stata deformata dagli inglesi: Camera con vista, ma la vista è diversa."
(Spezi, giornalista. Riguardo i delitti del Mostro di Firenze)

Una descrizione di Firenze noir, drammatica, ma vera. Di giorno mette allegria, al tramonto emoziona, ma di notte è spaventosa se si è soli. E' come se di colpo diventasse qualcos'altro. C'è l'alcool, ci sono i vizi, c'è il "tanto dormono tutti e nessuno può vedermi", c'è il buio. E noi abbiamo paura del buio, perchè di notte chiudiamo gli occhi, perché accendiamo i lampioni, perché abbiamo paura di non esistere. Perchè al buio non esistiamo e se ci siamo, diventiamo belve protette da un mantello che ci copre le emozioni, che ci maschera, che ci fa dare morsi alla libertà perché si sa che si assapora a capofitto e con gli occhi chiusi ma abbiamo paura anche di quella. Perché poi ci perdiamo, e essere chiusi dentro è molto peggio di esserlo fuori. Non ci sono chiavi, nè vie d'uscita. Non c'è aria, non c'è sole. Solo noi. E noi siamo il buio più profondo.

Lascio però, una fotografia che ho fatto oggi. Che contrasta pienamente. Che, ancora una volta, conferma la mia idea che qui, in questa città bella e sporca come una zingara del Sud del mondo, a volte sei in Tunisia, altre in India, altre in America e poi, quando vuole, anche in Italia. Ne ho fatte diverse, che ho pubblicato su Facebook (tutte) e sul mio Flickr ( http://www.flickr.com/photos/emmelozzi/ solo quelle che mi piacevano un po' di più).
Intanto è l'una di notte e sto crollando dal sonno.
Non sono più il giaguaro di una volta!



14 settembre 2010


Pier Vittorio Tondelli di se stesso dice:

« Quelli della Vergine forse sono un po’ così: un po’ malinconici, un po’ autunnali, solitari, pignoli, pessimi partner e ottimi singoli. Hanno una grande vita interiore che non necessita di mondanità per esprimersi. Nello stesso tempo forse sono fin troppo preda di umor nero, di attacchi di atrabile, insomma di malinconia. »

(da Wikipedia)


13 settembre 2010

Meno l'ultimo (orale)


Ok, altro esame andato. Ora Economia e per i 3 anni ho finito gli esami orali.
Ah. Sospiro e guardo la pioggia che cade. Guardo i lampi che strappano il cielo e mi sembrano flash.
Ieri sera Santo Spirito era come al solito bellissima. A parte un ubriaco di troppo e un indiano che vendeva rose un po' nervoso.
Tutte le città in questo periodo dell'anno secondo me risorgono. Diventano farfalle. E Firenze lo diventa ancora di più. Inizia lentamente a fare sempre più freddo. C'è bisogno di una felpa leggera anche di giorno, ormai. Il bello è, come stamane, quando non fa caldo ma c'è il sole. E allora ti verrebbe voglia solo di sederti all'ombra di un albero in un parco. Di uscire per comprare gli ingredienti per un dolce. Di fare mille foto, alla gente che passa, alle strade che aspettano, ai muri che potrebbero parlare.
Lascio una foto scattata ieri. La trovo un po' come sintesi della serata: romantica, fresca, intima, luminosa, notturna.

11 settembre 2010

C'è mica altro da aggiungere!


Le cronache di queste giornate.

Mi sveglio la mattina verso le 8.30-9.00.
Apro la finestra di camera, il cielo è nuvoloso. Magari piove, penso.
Vado in un cucina.
Abbiamo le persiane rotte. Però filtra sempre il sole e non entra mai la pioggia.
Metto su la moka.
Tiro fuori lo zucchero.
Preparo un uovo sbattuto. E mi ricordo quando lo faceva mia madre.
Mangio un panino riscaldato nel microonde, con una crema alla nocciola e al cioccolato bianco.
Mi lavo. Lavo la faccia con l'acqua gelida, così mi sveglio prima.
Inizio a studiare. E lo farò fino alle 13-14 circa.
Pranzo. Generalmente con un piatto di pasta e una fettina di carne.
Lavo i piatti, che sennò fa puzzo e poi non lo faccio più.
Intanto metto su altro caffè.
Riapro i libri, ancora. Entro oggi voglio finire le 289 pagine, un libro. E' attuale, ma c'è troppa filosofia. Troppi termini che speravo di non dover usare più.
Verso le 19-20 smetto e mi prendo un'oretta o poco più di svago.
Accendo il fidato Mac. Guardo il mio Flickr, controllo il mio Facebook.
Metto sul fuoco la cena.
La concludo con un altro caffè.
Sono stanca, ho finito un libro e non voglio più saperne, per oggi.
Mi lavo i denti.
Io e Giuseppe ci diamo la buonanotte al telefono.
Spengo la luce, mi infilo sotto le coperte e chiudo gli occhi.


8 settembre 2010

Avanti popolo, alla riscossa!

Inizia la mattina col sole, poi piove, poi esce il sole, poi piove di nuovo.
Mentre preparavo il pranzo ho preparato una crostata. Mentre cuoceva il tutto cercavo di avere una mia idea sul sistema dell'arte contemporanea. Cercavo di ricordare i 5 modelli economici. Di ricordare i nomi di quei fottuti economisti tedeschi e collezionisti americani, sperando di non sbagliare accenti nel pronunciare artisti francesi.
Mangio a merenda dei crackers integrali con la marmellata di albicocche e restavo a guardare l'ombra sul frigo che faceva il sole trapassando le persiane rotte della cucina. Peraltro, ho guardato così tanto fuori dalla finestra mentre masticavo che so esattamente come avviene la riproduzione tra piccioni.
Ora rivedo il tutto, rileggo le pagine dei miei appunti, sfoglio le dispense, pubblico video minchioni su Facebook. Guardo la macchina fotografica, gustandomela come un premio quando finirò tutto.
Devo concentrarmi.
I premi devono essere meritati.

6 settembre 2010

Pre- esami e conseguente Urlo di Munch.

Sono notti che non dormo tranquilla, che mi sveglio stanca, che ho micro-risvegli continui.
Sono agitata, evidentemente. E nonostante faccio scorrere i giorni come se tutto andasse per il meglio, evidentemente il mio inconscio sa che non è così.
Ho gli esami, tanti. Le date sono state confermate. E non sono energica. Gli altri 5 che ho dato a giugno, anche quelli quasi a giorni alterni, mi hanno vista tenace, energica, fiduciosa anche se normalmente nervosa.
Questi invece mi vedono dubbiosa, mi vedono quasi rassegnata. Restauro e il Rigatino sarà una merda bella e buona. Ma non voglio affrontarli così, per cui devo riprendermi da questo urlo di Munch che aleggia nella mia testa.

Comunque.
Sono giorni che mangio, a causa di forze maggiori, solo carne. Oggi ho comprato degli hamburger a forma di fiore. Mi rallegrano le cose dalle forme buffe. Farò una foto, poi.
E a proposito di foto, ora ho una memoria efficientissima (finalmente). 712 foto da scattare!
Dopo gli esami mi diletterò, o quando finirò di studiare e non avrò voglia di dormire.
Per l'appunto lascio qui il link del mio Flickr.
Le ultime foto mi piacciono proprio tanto.

http://www.flickr.com/photos/emmelozzi/?saved=1

2 settembre 2010

"Settembre non ci troverà, coi suoi venti non può, non vincerà."

"Forse sarà
quest'aria di settembre
o solo che
sto diventando grande
ecco cos'è
mi viene da ridere... due lacrime
ma poi perché
di colpo tutto non è facile"
Avanti, chiedetemelo.
Cosa stai facendo in questi giorni? Cosa stai vivendo, pensando, volendo?

Ho avuto momenti di euforia, grosse e grasse risate.
Ho pianto.
Ho dovuto imparare ancora una volta che bisogna sempre far compressi con quell'essere infantile e frignone che si impossessa puntualmente di me. E non ancora imparo a essere meno emotiva, a esser fredda, lucida.
Ho avuto paura.
Ho comprato un bikini nero.
Ho mangiato greco.
Ho fatto un centinaio di foto, in tutto.
Ho pensato che c'è gente che ammiro, davvero tanto. Gente che fa foto così belle che mi sento incapace e ignorante. Per cui ho ripreso tra le mani il libretto d'istruzioni della reflex.
Ho pensato che voglio dipingere.
Ho pensato che devo farlo e che voglio farlo.
Ho in mente qualcosa, qualcosa di strano, di simmetrico, di astratto. Di stupido.
Ho studiato la prima parte di una dispensa. Gli esami sono vicini (e tu sei troppo lontano dalla mia stanza, direbbe Venditti) e l'autunno anche.
Ho pensato che di questi tempi io avrei avuto tra le mani la nuova Smemoranda. Dal terzo liceo in poi ho quasi sempre avuto quella piccola piccola. La portavo ovunque. La sfogliavo sempre. Era bello il giorno che la compravo. Era la fine di Agosto e il suo acquisto segnava l'inizio di una nuova stagione, così come il Festivalbar segnava l'inizio dell'estate. Era bella la sensazione che mi dava. Pagine bianche, candide, vergini, che aspettavano solo di esser sporcate, disegnate, vissute. Ed erano quasi come delle promesse. Era un nuovo libro. Ti lasciavi tutto alle spalle aprendo il nuovo diario. E Settembre a me piace perchè è il vero Capodanno. Si ricomincia sempre a Settembre, non a Gennaio. L'anno nuovo è adesso. Ho un sacco di nuovi e buoni propositi. Non serve una stella per realizzarli. Serve impegno e fiducia. E sudore. Però voglio mettercela tutta, adesso. Ora più che mai.

24 agosto 2010

.

E assolutamente in silenzio, iniziò a piangere in quel modo che è un modo bellissimo, un segreto di pochi, piangono solo con gli occhi, come bicchieri fino all’orlo di tristezza, e impassibili mentre quella goccia di troppo alla fine li vince e scivola giù dai bordi, seguita poi da mille altre, e immobili se ne stanno lì mentre gli cola addosso la loro minuta disfatta.
(A. Baricco)
Non so che titolo dare a questo post. Malinconia. Nostalgia. Voglia di portare i miei con me.
Fa caldo, qui. Fa caldo e io sono triste. Ho fatto la valigia, per il solito vecchio discorso dei pezzi delle anime che si acchiappano meglio di notte. Ho sentito mamma piangere. Pensavo ridesse e invece forse no, forse piangeva davvero. Un singhiozzo e poi passa tutto. E niente brucia come riconoscere il tuo stesso dolore addosso a qualcuno che ami.
Da bambina adoravo i treni. E ancora adesso se ne vedo io sogno sui passeggeri, sui viaggi, sulla gente. Ma dentro dentro li detesto. Perchè mi portano via anche quando ritorno.
La mia nostalgia è fatta da costellazioni di nostalgia, anche nelle piccole cose. Il giorno dopo un concerto, ad esempio, lo passo ad ascoltare le loro canzoni, a vedere i loro video. Ad alimentare il dolore dell’assenza.

a generare qualcosa di infinitamente più grande delle due ore stesse del concerto. Vivo in un costante dolore del ritorno.

Presto arriverà l'autunno. Finirò gli esami e mi troverò a indossare montgomery e stivali quando fino al giorno prima indossavo una t-shirt. A ottobre nessuno ha fretta e il buio e le strade vuote arrivano al momento giusto. Se le strade son piene fino a tardi non ha senso guardar fuori per riempirle con quello che hai in testa…

Mi mancherà tutto, qui. Tutto. Anche le estati peggiori lasciano sempre addosso una strana forma di solitudine.


Un giorno, se avrò tanti soldi, porterò tutti con me. Tutti a Firenze.

21 agosto 2010

Semi bilancio di un mese pugliese.

La cosa buona di oggi è che ho comprato un vestitino a fiori. Di quelli da femminuccia proprio, di quelli che sotto non ci vanno le Converse rotte e nemmeno quelle nuove.

La cosa produttiva di oggi è che sto mettendo (ancora troppo pochi) un po' di soldi da parte (sono una bambina morigerata eh. Solo perchè spendo sempre, non vuol dire che non ho il senso del risparmio, io) per i tatuaggi (che aumentano sempre... Ora c'è in mente l'idea di fare anche un tatuaggio sulla coscia) ma visto il posto, forse meglio se con quei soldi compro la Somatoline e/o un abbonamento in palestra, che diciamo si vede che non ho mai fatto sport in vita mia (a parte 2 anni di kick boxe).

La cosa sbagliata di oggi è che già sono al secondo gelato della giornata. E che stasera dovrò proprio cenare tanto, che non si beve mai a stomaco vuoto (io e i miei amici, per salutarci, compriamo il Lambrusco Amabile del Penny Market e andiamo in spiaggia. E dopo il terzo bicchiere nemmeno ti accorgi che hai pagato 1.50 Euro 2 litri, talmente pensi sia buono.)!

La cosa buffa di qualche settimana fa è stato il mio acquisto del secolo: un porta assorbenti! Due, in realtà. Ho scoperto che si chiama "Nuvette". E ne ho comprato uno il cui disegno rappresenta un ritratto che ha vagamente a che fare con me. C'è una certa somiglianza. Forse perchè rappresento l'emblema della sindrome mestruale? Del tipo:"Se anche tu, come lei, mangi patatine e piangi disperatamente se vedi una foglia che per un soffio di vento cade da un salice, se anche tu sei un po' infastidita anche se la commessa ti dice che quei jeans ti stanno bene perchè pensi che vuole solo che li paghi a prezzo intero senza aspettare i saldi, se anche tu ti incazzi proprio tanto se non ci sono i tuoi cereali preferiti alla Coop e ripeti anche agli scaffali che non sei nervosa, hai le mestruazioni. E hai URGENTEMENTE bisogno di un porta assorbenti."

La cosa giusta di questi due giorni è che sono andata al mare. E la fortuna è stata che ero in un punto in cui c'erano solo delle gran cozze (no, non intendo quelle attaccate agli scogli) e, anche se bianchiccia, mi sentivo quasi normale. Addirittura la ricrescita del pelo non mi tangeva troppo.

La cosa ingiusta di questi due giorni è che sono andata al mare. E la sfortuna è stata che una merdusa si è divertita a fare petting sul mio braccio e sul mio ginocchio. Rossore, mia madre che pensava fossi colta da una rara malattia fulminante, io che avverto un fastidio non indifferente. Mi precipito al bar del lido e mi spruzzano ammoniaca mentre io dico quasi in lacrime solo la parola "BRUCIA" con un bagnino che cercava di calmarmi e una BAMBINA che guardandomi cercava di consolarmi, mentre il resto dei bagnanti si chiedeva se sapessi dire altro oltre che "BRUCIA!". Poi ho pensato che potevo pisciarci su e avrei evitato lo show.

La cosa assurda è che mentre scrivo il post c'è una musica araba che aleggia nell'etere fuori dal mio balcone. Araba del tipo che con il caldo, il deserto qui fuori (in senso metaforico!), passerotti che usano le ali per sventolarsi e non per volare visto il sole che toglie il respiro, sembra proprio che non sei in Puglia ma a Istanbul, tipo.

La cosa tragica è che oggi è 21 Agosto. Essere al 21 Agosto vuol dire che non hai più scuse per non studiare, a parte le festicciole per i saluti con gli amici. Essere al 21 Agosto vuol dire che manca sempre meno alle date degli esami. Essere al 21 Agosto vuol dire anche che tra meno di un mese è il mio compleanno (oddio, 23 anni. Sono vecchia) e tra meno di un mese posso vedere sempre più vicina la mia tesi triennale. Essere al 21 Agosto vuol dire che tra 4 giorni ritorno a Firenze e che tra 4 giorni sarà dura sentire e vedere i miei solo via Skype.

La cosa strana è che ho sempre sonno. Se dormo ho sonno. Se non dormo ho sonno. E che è.

La cosa brutta è che ho visto che ci sono persone che non sono affatto indispensabili come credevo. Persone che poi ti fanno volgarmente dire:"Amiche di sto cazzo!" (che detto così sembra più lo slogan di una pubblicità regresso, con due felici amiche con alle spalle un enorme pene di plastica che sorride.) Persone che ti hanno fatto male e nemmeno si accorgevano che dalle tue risposte e dal tuo "Tutto bene" c'era dietro una montagna che si stava disgregando. Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, diceva un vecchio adagio.

La cosa schifosa è che le persone che mi salutano su Facebook, per strada a malapena mi fanno un cenno con la mano (quando va bene).

La cosa noiosa è che persone che conosco solo di vista e che dal vivo non mi fermerebbero mai nemmeno per chiedere il mio stato d'animo, tramite Facebook, mi chiedono di prendere un caffè insieme.

Comunque, dopo queste brevi parole, dopo che il mac mi si è piantato (no, mela morsicata. Non posso accettare crash da te. E' vero. Sono solo le delusioni dovute alle nostre aspettative mancate che ci fanno soffrire. E tu, mac, è la seconda volta che mi ferisci. Però penso che è quando parlo troppo con cose inanimate o vegetali che questi pensano di suicidarsi in un qual modo. La gerbera è un valido esempio.) è giunto il momento di mettere un bel punto.
Punto.

5 agosto 2010

Pensavi fossero rose e invece... invece è merda.



"[...] Quelli con cui andavi a scuola e ai quali non hai detto ciao quando siete usciti dal portone l’ultimo giorno, perché eri così sicuro che niente sarebbe mai cambiato, che sareste rimasti amici per sempre e non avreste mai perso i contatti, forse avresti trovato qui anche loro, un paese intero per tutto quello che hai dimenticato, che hai perso, che è svanito dalla tua vista lungo il cammino."

Johan Harstad, Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?



Ho sentito l'impulso di scrivere, senza avere poi niente da dire, per il solo motivo che era troppo tempo che non mi confrontavo con tutto il rumore che la notte esplode nella mia testa.

Avevo scritto un altro post, che, ironia della sorte, non è stato pubblicato per errori dovuti al server. Ed è stato come un sollievo. Fosse stato un foglio, l'avrei accartocciato, stretto tra le mani, buttato per terra. Non l'avrei mai più riletto, nemmeno nei miei numerosi momenti da nostalgica. Erano parole banali, noiose.

Sono intollerante. Lo sono sul serio, adesso. Lo sono a tal punto che dico basta, questa volta.

Dico basta a coloro che se hai una casa al mare e delle orecchie che sanno ascoltare diventi il migliore e poi, se decidono come passare una giornata speciale, chiamano tutti tranne te. Basta a quelle persone che sono scostanti, che pretendono pretendono pretendono e poi non danno null'altro che un bacio di Giuda. Basta a chi mi dice bugie, che siano anche "buone", che siano anche per nascondere una sorpresa che poi non c'è. Basta a chi mi fa sentire usata, esclusa, incazzata. Basta versare lacrime per persone di cui, anche se dopo un po' di tempo, posso fare a meno. Dico basta a chi mi nasconde la realtà, sia quella brutta che quella bella, tutta quanta. Basta. Basta perchè sono stanca di dividere puntualmente il mio cuore a pezzi per chi non mi dà nemmeno un centesimo.

A volte basta poco, basta davvero poco, basta un po' di vento la sera per vedere se un muro crolla. E questa volta, non mi importa di curare crepe. Questa volta voglio appendere il quadro del mio cuore solo su un muro che non crolla mai.

Questa volta, la parete dell'amicizia ha troppi difetti. E sono stanca.

Mi sono fatta una promessa in questi giorni. Essere felice sempre e voltare sempre (e soprattutto indistintamente) le spalle a chi e alle cose che mi fanno soffrire, senza più sconti.

Ecco, nel pensarlo e prometterlo, sento come se mi volessi più bene.

15 luglio 2010

Caldo e zanzare

E poi capitano quelle notti in cui fa troppo caldo per dormire. E pensi che forse la stai usando solo come scusa, perchè dormire ti sembra una perdita di tempo, perchè hai sonno ma non ti va di sognare, non stanotte.
Capitano quelle notti in cui decidi di riordinare e cancellare vecchie mail e leggerle fa male quanto aprire un vecchio cassetto pieno di lettere mai spedite e fotografie sbiadite.
Capita che non riesci più a tenere a bada quell'essere infantile e instabile che di tanto in tanto prende il possesso di te.
Capita che ti affacci alla finestra e hai come la sensazione che una parte di te sia andata via nel mondo, tra la gente, lontano, e non sai che fine abbia fatto.
Capita che vedi in stazione come un padre abbraccia sua figlia, in lacrime, e invece tu stai mangiando un panino e guardi e pensi e non chiami e vai dritto.
Capita di volere tutti in uno stesso luogo in uno stesso istante e pensi che in fondo non è giusto, che in fondo è essere egoisti, è imporre agli altri cose che potrebbero colmare i tuoi giorni, estirpandoli dalla loro vita. E non si può. E non si fa.
Capita che arriva l'estate, che arriva il caldo e le zanzare, l'umidità e lo scirocco, la tristezza e la felicità. Capita che arrivino tutte le cose insieme, senza controllo. Oppure capita che ne arriva una alla volta, lentamente, così lentamente che ti ritroverai altrove ed eri su un treno già prima di fare il biglietto.

Capita che a volte sei felice e nello stesso tempo però anche triste.

13 luglio 2010

Ragazzina, non hai scampo. O forse sì.

Ragazzina, non hai scampo. Specialmente se il destino ti ha fatta nascere in un paese chiamato “Italia”; non che altrove te la passi meglio, però qui, per te, sta cominciando ad essere qualcosa di molto simile all’inferno.

Hai sedici anni. Da quando sei una bambina piccola, addirittura una neonata, non sei un essere umano ma un target da una parte, e un oggetto dall’altra. Ti sbattono sui manifesti, sui giornali e in tv per far vendere. Poi ti obbligano a comprare. Compravendita. L’anno prima ti dicono che a otto anni e mezzo devi portare per forza i jeans a vita bassa; quello dopo li devi portare a vita alta. Ti scelgono i colori. Scelgono per te tutto quanto, come se non bastasse la tua famiglia.

Ma cosa importa: arriva, prima o poi, il tempo dell’amore. Ah, l’amore. Nel Paese dell’Amore, poi, è ancora più amore. I sogni, la luna, i primi baci, le prime coltellate. Ti innamori del coetaneo e subito, zac, ti allucchetta. Sei sua, ovviamente per sempre. E se non ti va più di essere sua per sempre? Eh, ti tocca rassegnarti. O tenta di ammazzarti, riuscendoci non di rado; oppure il mondo gli crolla addosso e si ammazza per sé, lasciandoti con la convinzione di essere brutta, sporca, cattiva, assassina. Perché hai osato rifiutare il suo amore puro e eterno. Quello dei filmoni e dei librini. Quello di Twilight e di Moccia.

Ma, magari, dei coetanei non te ne importa. Decidi, giunta la cosiddetta età del consenso, di provare con uno più grande, magari uno di trent’anni e rotti, di buona famiglia, bravo ragazzo, persino appena laureato. E lui che fa? Prova a indovinare: zac, ti allucchetta. Sei sua, e per sempre. Va da sé. Lui è grande, è un uomo. Ti deve difendere e si è ben attrezzato per la bisogna: pistole e fucili a pompa. Ti deve difendere dai rumeni, come diceva appunto un trentunenne di Mestre. I rumeni sono dei mostri e stuprano, e allora è necessario armarsi per difendere la povera, indifesa sedicenne tanto amata. La quale, un bel giorno, si stufa; ma non c’è nessuno, allora, che la difende dal difensore. Lui prende la sua pistola antirumeni e, una torrida domenica di luglio, la scarica su di te mentre sei in bicicletta. Poi, si ammazza. Titoloni. “Omicidio passionale”, “Ex fidanzati”. Lenzuoli bianchi dai quali spuntano, ragazzina, i tuoi piedini con le scarpine alla moda. Poco dopo la fine della scuola, quando avevi voglia di mandare affanculo quel demente di bravo giovane che, nella sua mente, ti vedeva già in forma di cagafigli dell’operoso Nordest. Vacanze in vista. E invece, all’improvviso, il buio. Dal Liceo Scientifico alla Polizia Scientifica. A te faranno l’applauso quando la tua bara uscirà dalla chiesetta, mentre in un’altra chiesetta un altro prete invocherà il perdono per il tuo assassino.

Allora scendono in campo gli esperti, visto che oramai del genocidio quotidiano delle donne se ne sono accorti tutti. Sul Quotidiano Nazionale, ad esempio, ci hanno gli esperti fissi: se c’è da sparare cazzate sulla politica internazionale c’è tale Luttwak, mentre al costume e dintorni (perché, si sa, il femminicidio è un fatto di costume) ci pensa sempre una tale Vera Slepoj (cognome che in russo vuol dire “cieco”) la quale, proprio oggi, prendendo spunto dal fatto di Mestre (come se non ne accadessero tutti i giorni!) non perde occasione, tra le altre cose, per dire che il femminismo ha fallito perché voleva ribaltare i ruoli, ed anche che un bel po’ di colpa è delle ragazzine che prendono, usano e mollano il povero maschietto spaesato. Il quale spara alle figlie, massacra le mamme, accoltella le nonne in una escalation di spaesamento e di crisi di ruolo.

Eh sì, i media hanno scoperto il femminicidio. Roba da prima pagina. Infatti, rimanendo sempre nel Quotidiano Nazionale, di cui fa parte anche la Nazione di Firenze (e sul quale scrive, toh, Massimo Fini!), si noti il grazïoso contrastino tra la notizia sulla violenza sulle donne e le fotine a destra (cliccare sull’immagine per ingrandire):


Violenza a sinistra, e tette a destra. Coltellate del marito a sinistra, e culi a destra. Prognosi riservate a sinistra, e corpo femminile mercificato a destra. Salvo poi dare la parola all’esperto. Intanto, ragazzina, continuano ad ammazzarti, e questa è l’unica vera passione che hanno. Ammazzano te e tua madre. A volte vi ammazzano insieme. No, non hai proprio scampo in questo paese. O forse sì.

Magari, vicino a te, ci sono altre ragazze della tua età. Oppure anche di età differente. Magari se ne fregano del giudizio dell’esperto che decreta il “fallimento del femminismo”. Magari lottano, in ogni modo che possono. Magari se la devono vedere quotidianamente con una massa di stronzi; ma non mollano. E non molleranno. Magari hanno vissuto sulla loro pelle violenze, soprusi e passioni calibro 9 o ben affilate. Magari ti basta fare poca strada. Magari c’è pure Internet, che non è soltanto la merda di Facebook o roba del genere. Prendi in considerazione di rivolgerti a queste compagne, a queste amiche, a queste sorelle. E divertiti quanto ti pare. Se uno ti propone il lucchetto, munisciti di tronchesi. Se scopri che ti vuole difendere dai rumeni, digli che ora come ora bisogna difendersi dagli italiani. Perché sono loro che ti ammazzano.

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24 giugno 2010

E' da tanto che non aggiorno.
Latito perchè ultimamente la vita mi sta prendendo più del previsto e perchè tutti i pensieri di questi miei giorni sono francamente molto noiosi.
Preferisco guardare il calendario e andare a lamentarmi con qualcuno piuttosto che scrivere. A volte preferisco andare dalle altre coinquiline a vedere la tv piuttosto che scrivere, il che è tutto dire. A volte preferisco disegnare che scrivere e la cosa forse mi rende pure più soddisfatta.
Il cielo oggi è blu ed è tardi ma c'è ancora luce. Mi piace l'estate che estate non è. Mi piace che alle 20 mi sembra che ci sia ancora tutto un pomeriggio davanti.
Devo studiare.
Devo studiare.
Devo studiare.
Oggi è la festa del paese. Paese, oddio. Oggi è la festa di San Giovanni e io stasera esco.
E non vedo l'ora di finire tutti questi esami. Meno 3 e finisco la sessione estiva. Meno 3 e debilito totalmente i miei neuroni e il mio sistema nervoso.
Esco prima, esco ora.
Esco perchè prima che sia colta da una struggente malinconia e incerta solitudine, bagno i miei sentimenti con una bottiglietta di Coca Cola, quella in vetro. Quella dove metterò dentro una gerbera rossa.

3 giugno 2010

:)

Sei il pezzo che mancava per finire il mio puzzle. Il pezzo più importante, quello che deve essere perfetto perchè basta che abbia un angolo più spigoloso che non s'incastra.
Il puzzle completo forse è vero che, come dicevi tu, non fa elevare. Ma è vero anche che arrivati fin sopra le stelle, non si può volare più alti. Si rischierebbe di soffocare. Invece, il bello è respirare, con te. Dividere respiri, dividere una fetta di giornata che avrebbe portato solo pioggia non fosse stata per la tua presenza.
A volte, mi fai l'effetto di una lettera. Una lettera è una parentesi su una giornata. Magari c'è una giornata pessima là fuori, una giornata di quelle che sapevi da quando hai aperto gli occhi che sarebbe andata storta, di quelle che ti alzi, è tardi, hai troppo da fare e troppo poco tempo, di quelle che bruci il caffè, che vai a sbattere contro lo spigolo del mobile, che piove e devi andare assolutamente a far la spesa. Una giornata di merda. Poi però magari, dopo che torni fradicio, dopo che ti hanno fermato quelli della firma contro la droga, quelli dei libri, dopo che ti hanno chiamato per un sondaggio, pensi che devi scrivere. Magari a una persona lontana, magari a un parente, magari a nessuno. E nel'esatto istante in cui ti siedi e pensi e prendi la penna e prendi un foglio (oppure apri il word),automaticamente è come se stessi aprendo una parentesi in quella orribile giornata. Un ritaglio. Sì, come quando ritagli una foto da un vecchio giornale. Magari è una vecchia pubblicità, magari è solo uno scarabocchio, ma la ritagli per il semplice motivo che in quel momento ti sembra la cosa migliore della giornata da fare. Ecco, tu sei la mia parentesi. Una parentesi tonda, dentro la quale non c'è tempo. Una parentesi dove all'interno tutte le brutture del mondo e delle giornatacce scompaiono.
Uff, oggi scrivo troppo. E' che vorrei tanto a volte, dirti tutto tutto e scriverti tanto tanto. Però poi ti guardo e mi chiedo quali parole possono controbilanciare tutto ciò che mi dici con gli occhi quando mi guardi. Quegli occhi che quando mi guardano, a volte mi chiedo cosa nascondono. Quegli occhi nei quali ogni volta, è bello perdersi.
Leopardi lo diceva e io te lo riscrivo. Naufragare è dolce nel tuo mare.
"Mi sono alzato dal letto e sono andato in cucina a bere un bicchiere di latte. Dopo qualche istante ho iniziato a piangere in silenzio. Sembrava piangessi per tutto, per quanto è bella e quanto è straziante la vita. Ho pianto per me, per la mia persona, per Francesca, per Federico, per Sofie, per Angelica e per Alice. Per l'infelicità che ha vissuto mio padre, per le carezze attese da mia sorella e mai avute. Ho pianto per mia madre. Ho pianto per tutti i colori dei fiori, per l'attimo esatto in cui si schiudono. Ho pianto per l'azzurro del mare e per la spuma bianca, per il vento che muove i rami, i pomeriggi silenziosi d'estate. Per la mia moka del caffè, per la bellezza di un bicchere di vino rosso, per il colore della frutta e per i peperoni gialli. Ho pianto a dirotto per ogni tramonto e per ogni alba. Per ogni bacio dato e per ogni lacrima asciugata. Per ogni cosa bella che ritorna, per la strada verso casa la sera. Per tutto il tempo che non ritornerà. Per ogni brivido vissuto, per ogni sguardo appoggiato. Ho pianto per il modo in cui mio nonno camminava e per la sua malinconia.
Le mie lacrime contenevano tutto. Ho pianto per quanto sono stato bene e per quanto sono stato male in tutta questa vita. Questa vita che per fortuna ho avuto il coraggio di amare, questa vita che mi sono preso e che ho voluto vivere fino a farla stancare al punto di desiderare un po' di riposo e desiderare di addormentarmi, come da piccolo, sul sedile della macchina."
Perchè queste sono le lacrime più belle. Le lacrime per un quadro. Per una parola storta e una giusta detta al momento giusto. Per uno sguardo che non ritrovi più. Per una notte senza stelle e per una con la luna piena. Per un regalo e per una telefonata. Per le cose stupende della vita e per le cose che feriscono.
Sì, sono le lacrime più belle.

23 maggio 2010

Ho ritrovato una canzone.
L'ho riascoltata dopo forse 8mesi.
Forse un anno.
Era la canzone che mi ricorda di quando fumavo. Di quando era notte e Firenze era sotto la pioggia. Di quando io ero a casa ed era un sabato. E vedevo qualche programma di cucina su Sky. Di quando leggevo il libro sull'Espressionismo Astratto.
Di quando pensavo che era bello affacciarsi alla finestra e faceva freddo, faceva freddo fuori e freddo dentro.
L'ho sempre ascoltata quando sapevo che poi, in fondo, non ero felice. Quando le cose non volevo che andavano in quel modo.
Quando ero sola.
Era la canzone di quei momenti in cui vorresti uscire perchè piove e nessuno capirebbe che piangi. Ma non puoi, perchè è sempre di notte che succede. E allora ti fai la doccia, perchè così puoi dar la colpa dei tuoi occhi rossi allo shampoo.

Se ci penso non riesco a mandar giù.
Se ci penso, mi commuovo a quei tempi che furono. Poi tutto è cambiato. Persone che avevi paura che non volessero esser parte del tuo mondo, si sono infiltrate. E altre, non ci sono più.

E con questa canzone, con questa sigaretta mancata e questa sindrome pre-mestruale, l'Apple ha visto le mie prime lacrime.

8 aprile 2010

Dove vanno le cose quando le perdiamo?

Capita a volte che uno ha tante cose che vorrebbe dire, capita che nella mente c'è una gran folla di pensieri, di domande, e poi arrivi a volerle scrivere vomitandole su una pagina e non ne esce fuori niente. Qualcuno si chiese dove vanno le parole el tragitto dalla testa al foglio.
Si perdono.
Come le persone. Come i centesimi. Come un bottone.
Sembra tutto uguale e invece qualcosa non c'è più.

Ci sono stati momenti in cui solo io mi ero persa. Ero persa in qualsivoglia labirinto intimamente oscuro, perduto, chiuso.

Ho una gran confusione dentro. Ho una supernova che sta esplodendo e io non sono grande come il cielo. Mi sento piccola, impotente, inutile e affranta.
Ho visto un disegno, stupido e anche fatto male. Ma era per te e l'avevo fatto perchè avrei voluto dartelo di persona, non taggandoti solo su Facebook. Ma non ho fatto in tempo. Nessuno ce l'ha fatta. E chissà dove sei adesso, che se leggo qualcosa che mi avevi scritto mi viene da chiudere gli occhi, che se penso al "Trio dei pazzettieri" mi si stringe qualcosa in gola, un pugno stringe il mio cuore. Perchè tu non tornerai. E non torneranno quei tempi in cui forse nessuno dei tre era felice ma sapevamo come ingannare la tristezza.

E poi, succede che hai paura. Rabbia. Tristezza.
Succede che in casa tua diventi l'ultima a sapere le cose, non hai il tuo spazzolino, succede che manchi nei momenti importanti e seri, succede che semplicemente non ci sei, sei lontana.
Che torni e poi di nuovo andar via. E poi ancora, e ancora e ancora.

Succede che il bicchiere si riempie d'acqua e poi, scende giù dai bordi.

24 febbraio 2010

Quando piove è perchè poi esce sempre il sole

Forse è quest'aria di primavera che mi fa essere così. Mi fa stare in silenzio anche quando avrei parlato. Come se la mia anima, quando viene accarezzata da quest'aria qui, iniziasse a spalancare finestre e chiudere le porte, come se avesse il bisogno di svuotarsi, come un armadio a cui fare pulizie. E questo, non so bene perchè, mi fa sempre un po' male. Mi rende irrequieta. Come una catena della bici che fa rumore. Cammina, corre, frena, ma fa un rumore che non capisci perchè. Forse quel test junghiano c'aveva preso sul serio, forse mi è davvero difficile cambiare perchè tutto sommato mi sta bene la routine. E per me, quest'aria qui, porta sempre qualcosa di nuovo. Porta una nuova stagione, una stagione che mai come quest'anno ho aspettato così tanto, nonostante la neve, nonostante il golf a collo alto di lana. Poi non porta mai niente di nuovo e mi va bene lo stesso, ma è questa sensazione. Una fottuta sensazione. Quel qualcosa che non sai, come quando non sai se hai fame e non sai se vuoi un dolce o un salato. Quella cosa sottile come una macchia su un piumone, che non ci fai caso ma c'è.
Poi allora arriva la notte, mi viene voglia di fumare con la finestra spalancata, mi dico in totale sincerità se c'è davvero qualcosa che non va in me, nella mia vita, nel mio mondo. E mi dico che no, non c'è proprio nulla che non va.

Domani esco, perchè ho bisogno di fare fotografie, ho bisogno di sentire quest'aria e dire che no, io non ho paura. Domani esco e prendo un Martini ghiacciato. Esco e mi fumo una sigaretta sdraiata su un prato. Domani esco e mi ricorderò di essere felice. Perchè a volte mi sfugge.
Ecco, per l'appunto si è appena messo a piovere. Piove sempre prima del sole.
E anche solo questo, mi rende più serena.

16 febbraio 2010

Stane, strane sensazioni si diffondono dentro me. Strane e devastanti. Non riesco a spiegarle nè a capirle.

Sento l'aria di primavera, allora immagino il sole e il cielo azzurro e poi vedo che piove. E mi sembra una presa per il culo. E mi sembra che non è tutto vero ciò che guardiamo, che tutto sommato il sole basta tenerlo dentro e sticazzi che piove. Però poi ti bagni e allora cerchi riparo e trovi la tua anima che non è da strizzare come il tuo cervello. E' asciutta e calda. E forse anche felice.
Quindi continui a guardare la pioggia che imperterrita cade e tutto sommato nemmeno ti importa se non hai l'ombrello.



Il segreto è non pensarci.

14 gennaio 2010

Vorrei una nuova agenda. Una con l'immagine di un quadro o di un disegno o una fotografia che sia davvero bella. Piccola. E magari con un elastico.


Mi sto affezionando a dei fogliettini che sto attaccando al muro. Tipo post-it ma non sono colorati. Mi ricordano parole lette e ascoltate. E quello dove ho scritto "La felicità non è una meta ma uno stile di vita. Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni." l'ho piegato accuratamente, sorriso, gli ho creduto e l'ho messo nella custodia della fotocamera, perchè si sa, è l'unica cosa che mi porto sempre dietro.