11 settembre 2009

L'impazienza del ritardatario

A volte ho voglia di sapere oggi quello che sarà del domani. Non importa che sia il mio, va bene un domani di chiunque. Perchè, da buona ritardataria, detesto aspettare.
Vorrei essere un indovino, ma non quello del calendario -Frate Indovino, si chiama così, no?- Uno serio. E non di quelli che se bussano alla porta chiedono:"Chi è?".
Vorrei a volte sapere prima del tempo quello che mi capiterà, togliendo magia e voglia di vivere sicuramente, ma sapendo in anteprima tutto, le cose belle e le cose brutte.

Mi ritrovo che sono con l'acqua alla gola per un esame, tanto per cambiare, e vorrei sapere se queste nottate servono a qualcosa. Perchè se dovessi essere bocciata, io ora me ne andrei a dormire.

A volte ho come l'impressione che siamo tutti su una spiaggia a costruire castelli, a far buche per cercare l'acqua, a imprimere con più o meno forza le orme del nostro passaggio. Poi arriva un'onda e tutto potrebbe sembrare uguale, invece ogni cosa è cambiata (citazione libera di Baricco).
Una parola, un discorso, una dispensa da studiare, un sì e un no che ti cambierebbe la vita.

So esattamente quello che voglio fare e a volte mi chiedo se volere corrisponde a un potere.
Ed è strano il dover avere le idee chiare quando qualche anno fa sembrava tutto così lontano. Quel permettersi di non pensarci, in un tempo in cui si godono i diritti e si è ancora troppo piccoli per i doveri. Poi, inesorabilmente, ti trovi solo. Che capisci valori di quelle cose con cui avrai sempre a che fare. Che siano soldi, amicizie, amori, passioni.

Io qui a Firenze, di notte, spesso mi sento coraggiosa.
Ho abbandonato una dolce gabbia dorata che mi faceva sentire amata da tutti per prendere in mano la mia vita, perdendomi in vizi, peccati, rimorsi, malinconie, lacrime. Ubriacandomi di una città che mi ha fatto sentire più piccola di quel che sono. Per decidere io di me. Per confrontarmi con il mondo e stando sola, con tanti progetti e qualche sogno.

...Questo esame mi sta deprimendo e facendomi uscire fuori dalle righe.
Spero ne valga la pena. Spero ne valga davvero la pena..

1 settembre 2009

A me le Marlboro rosse fanno male.

Vai via per giorni, per mesi. Poi torni, ritorni. E in una piccola parte di te avverti come la sensazione che sia passata solo qualche ora dall'ultima volta che eri seduta su questa sedia, a questa scrivania, con questa luce.
Forse non sono mai andata via, nè da qui, nè da nessun'altra parte al mondo.
Il profumo del bagnoschiuma che uso qui contrasta con la canzone che ascoltavo sempre prima di uscire a bere Lambrusco in una parte disparata di un paese di provincia.

E' stato bello vedere che le mie cose, hanno il mio "ordine", ancora. Ma appena entrata mi sono girata attorno. Mi sono vista allo specchio. Ho guardato le foto appese, qualche disegno ben riuscito. I libri. Fuori dalla finestra.
E per una frazione di secondo era come se quella camera non fosse stata mai mia. E per un attimo ho dimenticato chi fossi realmente.

Poi ritornano quelle piccole abitudini.
Quei rituali banali che hai inventato per giustificare quella pausa troppo lunga. Quei rituali che fai solo qui. Quelle cose che fai ti fanno stare bene.
Quella sensazione di libertà. Quello "sticazzi" applicato in pieno.

E ora, che sono quasi 3 giorni che sono di nuovo qui, mi sembra di non essere andata mai via. Che sono sempre stata qui in fondo ma con i soliti, cari, vecchi pezzetti di cuore lasciati in un giardino, in un bicchiere di Lambrusco, nel sorriso dei genitori, negli spuntini di notte con un fratello, nel discorso di un amico, in una notte rosa e in una bianca che poi basta che ci siano le persone giuste che mi dimentico anche del Martini bianco, in una risata.
In una nostalgia.